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ADRIATICA LA VIA DELL’ARTE 1ª Edizione Galleria Comunale Antichi Forni Macerata


COMUNICATO STAMPA → La Prima Edizione della Mostra Collettiva  Adriatica la Via dell’Arte, curata da Francesco Ruggiero, è allestita presso le Sale Espositive della Galleria Antichi Forni di Macerata e visitabile dal 6 al 23 Marzo. Espongono loro opere Artisti provenienti dalle Accademie di Belle Arti di Venezia, Bologna, Macerata, Roma, Lecce, Bari, Foggia e da Artisti della Romania, Bulgaria, Croazia, Ungheria, Slovenia, Grecia, Bosnia-Erzegovina, Serbia, Russia, Ucraina, Albania, Turchia.  Da sempre il Mare Adriatico con i suoi golfi, le sue insenature, i suoi promontori, stimola l’immaginazione di Letterati ed Artisti ed è una risorsa importante per le Città che vi si sono affacciate. L’importanza culturale di questo bacino ha dato origine all’idea di una Mostra che vuole coinvolgere le radici comuni e i processi evolutivi che attingono a questo mare. Questo Mare è anche teatro dei racconti del Poeta alessandrino Apollonio Rodio. Egli narra che gli Argonauti, durante il viaggio di ritorno dal Mar Nero, a causa di una deviazione imposta da Zeus, dovettero risalire il Danubio e arrivare al Mare Adriatico, attraverso un mitico condotto sotterraneo. Il Mare Adriatico stesso è da sempre un’importante arteria di comunicazione, sulla quale si fonda la ricchezza della Serenissima, ponte tra Oriente e Occidente sulla Via della Seta, Via che ha messo in moto scambi di merci e di persone, sulle cui navi viaggia il patrimonio di conoscenze greche e bizantine. Macerata, per la sua posizione centrale, è il luogo ideale per ospitare l’incontro tra Artisti di diversa provenienza geografica e culturale che, moderni Argonauti dell’Anima, operano lungo e per la Via Adriatica, da nord a sud dell’Europa e oltre. Artisti che sottolineano la potenzialità dell’uomo di realizzare un linguaggio globale, simbolo della comune intenzione creativa di difendere la Pace, l’Ambiente  attraverso  l’Arte Contemporanea. Inoltre favorire gli Artisti a conquistare meritatamente terreno nella vita è tra i servizi fondamentali che si possano rendere a una comunità articolata, la cui ricchezza è garantita solo dal costante ricambio generazionale e dall’apporto delle sue forze più fresche e nuove. Qui non si tratta di promuovere gli Artisti, soprattutto i più giovani, alle banalità della ribalta spesso fatua dell’universo massmediale, ma di sostenerli sul terreno per lo più aspro e faticoso della Creatività, della Ricerca e dell’Espressione artistica, riconoscendo nell’impegno dell’Artista un lavoro, che viene responsabilmente destinato al servizio delle dinamiche della vita contemporanea, agli interessi, alle scelte, alla cronaca, come alla formazione culturale e civile della nostra Società. Alle 18.00 di Venerdì 6 Marzo è prevista l’Inaugurazione della Mostra che prosegue con la performance Armonia delle Sfere di Gaia Gennaretti ed Elena Lombardo del corpo di ballo de Il Balletto di Macerata su coreografia di Eleonora Iacobucci e la regia video di Maurizio Failla. A chiusura verranno eseguite Arie Sacre interpretate dalla Cantante lirica Salvina Maesano accompagnata al piano dall’ucraina Maestro Halyna Zamyatina. Inaugurata il 6 Marzo con l’intervento dell’Assessore alla Cultura del Comune di Macerata Stefania Monteverde proseguono gli appuntamenti dei Venerdì d’Arte promossi negli Antichi Forni di Macerata con gli incontri sui temi Arte e Psiche del Secondo Cervello, che affronta il tema dell’Arte come linguaggio universale della mente del Secondo Cervello, la disciplina dell’Arte Terapia con la presentazione del volume L’individuo e la Psicologia del Secondo Cervello di Armando Ingegnieri. Intervengono Armando Ingegnieri Psicologo, Fondatore della Psicologia del Secondo Cervello, Sarah Todd Responsabile della Comunicazione della Psicologia del Secondo Cervello, Fausto Copparo Docente di Plastica Ornamentale Terapeutica Artistica alla Accademia Belle Arti di Macerata, Gian Paolo Berto Decano della Accademia di Belle Arti di Roma, Stefania Monteverde Assessore alla Cultura Comune di Macerata, Francesco Ruggiero Curatore e Direttore Artistico, modera Javier Stacchiotti. La serata prosegue con il Concerto di Musica Sacra eseguito da Salvina Maesano Mezzosoprano accompagnata al piano dal Maestro Halyna Zamyatina. Il Programma di Sala prevede l’Ave Maria di Franz Schubert, l’Ave Maria di Giulio Caccini e l’Agnus Dei di Gioacchino Rossini.

 


 

UN PARTICOLARE RINGRAZIAMENTO AGLI ARTISTI

Abbasciano Daniela, Albera Angela, Amato Mariaagata, Angeli Valentina, Arces Domenico, Arpino Francesca, Barbarossa Micaela,  Barkovic Lilijana, Bartkiewicz Artur, Berto Gianpaolo, Biasi Gianluca, Boh Pino, Bonanno Pino, Branciforte Bunusevac Katarina, Čaki Gala, Canale Elia, Carloni Alessandra, Castagneri Lucio, Consiglio Alessia, Copparo Fausto, Dammone Sessa Sebastiano, Dangyong Liu, Dario Mariavalentina, De Zotti Angela, Dell’Andrea Elena, Fahimi Marjan, Failla Maurizio, Fisti Bekim, Fontana Fabrizio, Fraietta Marcello, Garau Paolo, Garkavaya Ekaterina, Ghezzi Rossella, Golija Klementina, Grebenyuk Svitlana, Habasescu Roxana, Impei Oriana, Javier, Kamberaj Ziso, Kirova Diana, La Barbera Nino, Ladojanine Igor, Lazzarini Anna, Lomele Angela, Macrì Lucia, Maddalin Chiaffoi Niccolò, Mamuka Mikeladze, Mancini Pietro, Mandich Jacopo, Marcaccio Pierpaolo, Marcato Enrico, Marrone Rosaria Lucia, Marzioli Sauro, Merlo Veronica, Miglietta Antonio, Milakovic Kristina, Minafra Chiara, Molgani Ugo, Mongio’ Valeria, Nagy András, Nagy Bekay Maya, Omahen Matthias, Opavski Mraovicjasna, Opavsky Vesna, Palladino Vito, Patrizi Valeria, Peqini Artan, Poggi Domenico, Protasov Andrey, Rachouti Ghikaevmorfia, Rachoutis Fanis, Rachoutis Georgios, Sblano Diana, Scalco Thomas, Sciaudone Rocco, Skocir Rudi, Spernazza Giulia, Stratta Carlo, Surano Rosario, Surano Salvatore, Tacchetto Angela, Taccogna Pierdonato, Taddei Paola, Todorovic Nina, Tondo Rita, Vassalli Ornella, Venezia Gianluca, Verdegiglio Pierfederica, Vilkachi Solmaz, Wang Yongxu, Zanella Maria Giovanna.

 


 

CONFERENZA STAMPA

Ê studio consolidato, inaugura agli Antichi Forni la Mostra Adriatica la Via dell’Arte Francesco Ruggiero, che il mare della civiltà occidentale sgorghi dal Tigri e dall’Eufrate, dalla terra posta tra questi due fiumi. Poco osservato è invece il gemello parallelo di tale assetto geografico, la Mesopotamia orientale posta in Asia occidentale tra i fiumi Syn Darya e Amu Darya, chiamati dagli antichi Greci Oxus e Iaxartes. Essa è a tutti gli effetti una terra tra due fiumi analoga alla Mesopotamia. Forse come dalla terra tra i Tigri e l’Eufrate sono sorte le civiltà occidentali, così dalla Mesopotamia asiatico_occidentale sono sorte quelle orientali. In seguito, queste si fecero strada verso le terre occidentali. Si sa che da lì vengono i Mongoli, questo misterioso popolo che spaventò gli osservatori occidentali medievali al punto tale da riferire all’Imperatore del Sacro Romano Impero di non aver visto uomini sui fronti di guerra impegnati con loro, ma dèmoni, dotati di poteri soprannaturali che gli conferivano un’inimmaginabile capacità ci coordinazione collettiva tattica e strategica, come è impossibile da riprodurre a qualsiasi tipo di addestramento militare occidentale. Di sicuro si tratta di una civiltà carica di mistero, ancora più enigmatica dei vicini Cinesi e Giapponesi, e le cui ultime frange arrivano fino a noi in forma di ameni Lapponi a Nord e di Ungheresi magiari a sud, senza dimenticare il vasto panorama etnico delle popolazioni animistiche siberiane. Ê interessante notare come i confini politici degli Stati occupanti quella regione, il Kazakistan, l’Uzbekistan, il Tajikistan e il Kirghizistan vi abbiano una struttura a vortice: quasi l’impronta simbolica lasciata nell’inconscio collettivo da un vortice di popoli che di là si sono incontrati, scontrati, per poi spargersi nel mondo sia verso Occidente che verso l’estremo Oriente.  Forse è proprio quella la leggendaria piana che nella Bibbia viene ricordata con il nome di Babele, il luogo della mitica terra con cui gli uomini volevano elevarsi fino a Dio con l’aiuto dell’ingegno umano. E il Signore glielo impedì, spargendoli nuovamente per il piatto globo sferico. Non irrilevante anche il fatto che da quella terra è possibile tracciare una linea perfettamente orizzontale (parallelica) che passa per la Turchia e la Calabria, e che potrebbe spiegare le leggende comuni a quelle terre circa le migrazioni di un personaggio messianico per i suoi tempi apocalittici, descritto anche dai poemi sumeri e babilonesi e presente in quel ricco patrimonio mitografico in cui la civiltà occidentale riconosce da due millenni la propria identità religiosa. Volendo dare un’ulteriore importanza per così dire paracelsiana a quella terra lontana possiamo paragonare l’orbe terracqueo euroasiatico alla testa umana, e allora troveremmo che la posizione dell’Italia, rispetto a quella remota regione, è simile a quella tra la ghiandola pituitaria e la pineale all’interno del cranio umano.  Infatti come quella regione è posta al centro dell’Asia così la pineale è posta al centro del cervello umano. Oriente e Occidente: a volte poli, a volte fronti, come nel caso della platonica Atlantide in guerra contro una misteriosa Atene sita più ad est di essa, o la Guerra contro Ilio tra Achei e Troiani, o la sterminata guerra del Mahabharata tra i Figli del Sole e i Figli della Luna, tra i Pandava e i Kaurava, che forse può identificare nell’attuale deserto del Gobi la piana corrispondente alla descrizione del conflitto, o anche la guerra … lampo tra la Divinità israelita e Sodoma e Gomorra, circa la quale non dovrebbe rimaner inosservato il rapporto tra la concentrazione di sale, unica al mond, del mare su cui quelle città si affacciavano e il fatto che tutto ciò che appartenesse a quelle due città, compresa la moglie di Lot, sia stato tramutato, appunto, in sale, almeno secondo la narrazione pervenutaci di tale evento.  Forse era per spiegare mitopoieticamente l’origine di tanta salinità, se a quel tempo avevano la possibilità di accorgersi dell’inusualità di tale concentrazione chimica. La Storia ha fatto riversare fiori di morte lungo queste due parti del mondo e così vediamo ancora schierati: Occidente egizio contro Oriente israelita, Oriente babilonese contro Occidente israelita, Occidente macedone contro l’Oriente indù e mongolico, Oriente del Flagellum Dei contro Occidente cristianizzato, Occidente carolingio contro Oriente islamico, Occidente federiciano contro Oriente mongolico di Gengis Khan, Occidente di Vlad Tepes contro Oriente turco, Oriente della Riforma contro Occidente della Controriforma. Importa ricordare la maggiore caratteristica della bipolarità occidentale/orientale: la Madre e il Padre. In Oriente è continuo sin dalla Preistoria il riferimento a una Grande Madre che offre liquida vita del colore di tutti i colori dal seno delle sue morbidezze, persino nella grande Cina dove vi sono alcune remotissime zone rurali in cui vige ancora oggi il matriarcato.  Tipico dell’Occidente è invece il Grande Padre guerriero che offre il magnanimo vigore del suo petto a chi considera degno di stare al suo cospetto. Femminile e Maschile si contendono quindi il mondo anche in senso geografico, e forse fu questo a ispirare le lotte tra Centauri e Amazzoni delle mètope greche, simboli che ammonivano i sacerdoti alla continua guerra catarica interiore per così dire santa e sacra e tra il principio razionale della coscienza e le demonìe serpeggianti dell’inconscio. Di tale avviso potrebbe essere anche la leggendaria Atene platonica protostorica citata: nel caso in cui il suo nome derivasse dalla Dea Atena considerata come immagine precristiana della Parthenos, della Vergine, della Grande Madre, come la Vergine ritratta con la Serpe ai piedi, ma a differenza di lei, cinta in abiti più virili tesi quasi a raffigurare un essere androgino più che femminino. Tuttavia anche nella Vergine cristiana potrebbe essere individuabile una certa completezza androginica là dove si riconosca nel doppio tessuto blu e rosso del suo manto il gioco bipolare della Teoria dei colori di Goethe secondo cui il rosso e il blu sono i due incontri reciproci polari e opposti di Luce e Oscurità. Forse l’immagine vuole raffigurare l’incontro tra la saggezza celeste dell’universo e la sua intima logica d’ amore: un Divano Occidentale-Orientale dove l’eterno femminino attira faustianamente verso l’Assoluto, Alto e Altro, inteso come L’altro, l’altra parte della Ierogamia cosmica.  Non quindi guerra come fine ultimo, ma amore: guerra d’amore. Come nelle nozze di Cadmo e Armonia o come in quelle di Alessandro Magno e Rossane, così ben affrescate alla Farnesina da quell’Antonio Bazzi, detto Sodoma dai contemporanei, giudicato dal Sanzio degno di essere raffigurato al suo fianco nella sua Scuola d’Atene e il cui splendore artistico è stato recentemente restituito agli onori della critica dalle disamine del Conte Radini Tedeschi. Più a occidente del Lago d’Aral, da cui originano i due fiumi della mesopotamia asiatico_occidentale qui indicata, il Mar Caspio bagna le coste orientali di quella regione.   Come quella lontana terra può venir considerata la gemella della Mesopotamia a noi più nota, l’Adriatico può essere ritenuto il gemello del Mar Caspio e quindi un ponte tra Oriente e Occidente: ponte più volte spezzato, come l’eblematico Stari Most distrutto in Bosnia dalla fazione croata in quel fatidico 9 Novembre 1993; o i ponti delle tante città polacche assediate e assaltate dall’incubo nazista, o di quei ponti e strade su cui ruggivano diabolici gli pneumatici dei camion militari delle truppe di Ceausescu, Tito e i vari princeps nati ossimoricamente dal totalitarismo sovietico, ma anche dall’ideologia di estrema destra per quanto riguarda le terre elleniche degli anni Settanta del secolo scorso, e ancora oggi.  L’Adriatico fu anche la terra in cui si spartirono le vesti dell’Italia sconfitta dall’ultimo grande conflitto, quando l’Istria irzuta e zentilina del Poeta Biagio Marin che innamorato di lei le diede … oci d’aqua marina/che te fa tuta bela … e vede i suoi porti come … in citurin sul fresco corpi suolo …: fu inglobata dalla Jugoslavia, condannando all’esilio tutti i suoi comuni e paesi italiani. Quel che non poté Napoleone poté il demone hitleriano con la luciferìa del Patto di Non Belligeranza che sconvolse il mondo. A nulla è servita l’ipocrisia di chiamare gli ufficiali russi fratelli nelle tante lettere che Hitler ordinò di mandare a loro. Quando un’unione è guidata solo dalla fredda logica delle menti, gli ingranaggi cerebrali non possono che ingrandirsi, indurirsi e trasformarsi in quelli metallici dei cannoni ad alta gittata, che hanno segnato con i loro gravi angeli di morte quelle terre logorate dalle ideologie. In seguito quegli ingranaggi si pietrificano, si cementificano e diventano muri colossali atti a nuovamente dividere Oriente e Occidente, ubriachi di sangue e piombi da ambo le parti, di lacrime di cuori separati ma ugualmente di vernici e colori guidati da giovanile ed eroica creatività a rivestire, con la luce dell’Arte, il buio del calcolo e del pregiudizio umano. In fondo i Russi etnograficamente sono nostri fratelli: il Popolo di Rus era scandinavo al pari dei nostri Padri medievali. Quindi non originari dell’Asia bensì dell’Europa. Sono come la lunga chioma del Concetto europeo mentre noi ne siamo la fronte canuta arida di Psiche, il viso corrugato di forte serietà e la saggia e lunga barba, quella israelita, al confine tra Occidente e Oriente, come la barba nel viso umano virile. Tuttavia la Storia insegna che non con logiche di potere si può trovare il ponte con quella terra e quel popolo in cui pulsa una indomita religiosità schietta e frugale, quella della Pocva espressa dal Soloviev e perfettamente ritratta dal Dostoevskij nel personaggio di Sonja del suo Delitto e Castigo, frugalità tuttavia priva di confronto e perciò fattasi strumento di quelle turpi manovre di potere umbratile che portarono alla ferocia inumana dei pogrom. Quel ponte non si è mai costruito con la fredda calce dell’interesse: ma può essere dipinto con le tempere e gli scalpelli dell’Anima sulla base di intese artistiche, autoamministranti se stesse, all’interno e per mezzo di ogni individuale gesto e segno artistico nella propria universale originalità di esprimerla e comunicarla. L’Arte ha ben altra via: è unione di caldi cuori che esprimono con il loro ingegno personale e secondo la loro unicità espressiva poliedrica, unica e tanta in tanti, quel che l’occhio abituato al quotidiano difficilmente ritrova nelle profondità della propria Anima. E gli Artisti di questa Mostra si sono fatti mediatori di molte sfumature impressesi nell’inconscio collettivo che riunisce dal di qua e dal di là dell’Adriatico. Hanno vissuto e captato le onde di quei graffi, di quei tagli e lacerazioni, di quel nero di terra che riempie bocche senza più vita, di quel rosso sangue trebbiato dalla follia nazista su quello che può essere chiamato l’Israele del Nord, la Polonia, unico ostacolo alla sua infernale sete di potere e di vana ambizione di riuscire solo per la sua gloria, là dove né il Macedone, né Caligola, né Napoleone riuscirono mai, forse facendo eccezione per il Giappone che però riuscì a stare solo sulla coda dell’immenso Destriero di San Giorgio, e che pochi anni dopo, a ormai quasi cent’anni da oggi, scoppiò quel primo grande conflitto che spalancò gli occhi attoniti della Storia sul vero pozzo profondo dell’assurdità umana.  Ma da tanta profondità non possiamo far altro che risalire. La mostra tratteggia così nell’universalità della libertà cara all’esprimersi artistico le angosce e le gioie, le disperazioni e le rassicurazioni, le disillusioni e le speranze che hanno attraversati come venti a volte indomiti e a volte più domati l’atmosfera psicologica dei popoli di quelle terre, di queste terre. Diverse opere italiane sono dedicate a Trieste, città-simbolo della storia novecentesca, porto importantissimo e perciò ponte tra tutte le realtà del mondo: comprese Oriente e Occidente. Non manca nella mostra un importante contributo a un altro conflitto orientale che segnò per sempre lo sdegno occidentale sul fanatismo di certo Oriente. Costruzioni ciclopiche edificate in decenni o secoli e distrutte in pochi giorni.  Erano tra le più antiche e titaniche costruzioni umane quelle che il regime talebano decise di distruggere a Bamiyan. Il 3 Marzo 2001 venne la loro morte, e aveva gli occhi dei militari talebani fieri di obbedire alla loro interpretazione della luce coranica. Con la distruzione della biblioteca d’Alessandria ad opera dei Cristiani dell’epoca o di quella di Baghdad ad opera dei Mongoli di quel tempo o del Tempio di Diana ad Efeso: andava via il mare del sapere millenario classico; con la demolizione di quei Buddha colossali un oceano di anacoretica saggezza venne tolto alla memoria della Terra.  Così il piccolo uomo afferma la sua superiorità sui pilastri che reggono il mondo della sua stessa sapienza e fa cadere il Sole della ragione oltre le cupe regioni inaccessibili di uno Xibalba senza ritorno. Il Mare Adriatico con i suoi golfi, le sue insenature, i suoi promontori, stimola l’immaginazione di Letterati ed Artisti ed è una risorsa importante per le Città che su esso sono affacciate. Ê sufficiente figurarsi i numerosi Artisti e Poeti che sono nati lungo queste coste e hanno dato lustro al nostro Paese e per citarne alcuni come Corrado Cagli, Emilio Notte, Giuseppe De Nittis, Raffaello Sanzio, Umberto Saba, Gabriele D’Annunzio, Giovanni Pascoli, Giacomo Leopardi e Sante Monachesi, Enzo Cucchi, Giuseppe Santomaso, Sandro Trotti. Questo mare è anche teatro dei racconti del poeta alessandrino Apollonio Rodio.  Egli narra che gli Argonauti, durante il viaggio di ritorno dal Mar Nero, a causa di una deviazione imposta da Zeus, dovettero risalire il Danubio e arrivare al mare Adriatico, attraverso un mitico condotto sotterraneo. I Romani, per facilitare i loro spostamenti costruiscono quella che oggi possiamo definire la Via Adriatica più antica, costituita da una serie di strade che arrivano a collegare Brindisi ad Acquileia, passando per Roma: la Via Appia Antica, che da Brindisi porta a Roma, la Via Flaminia, che collega Roma a Rimini e la Via Popilia-Annia che da Rimini conduce ad Acquileia. Il Mare Adriatico stesso diventa un’importante arteria di comunicazione, sulla quale si fonda la ricchezza della Serenissima, ponte tra Oriente e Occidente sulla Via della Seta, Via che ha messo in moto scambi di merci e di persone, sulle cui navi viaggia il patrimonio di conoscenze Greche e Bizantine. L’importanza culturale di questo bacino ha dato origine all’idea di una Mostra che vuole coinvolgere le radici comuni che attingono al nostro mare. Con questa Prima Edizione si cominciano ad analizzare gli elementi storici comuni per poi elaborare un linguaggio in divenire, che possa dilatarsi ed incidere in modo efficace sui perimetri, sulla geografia e sulle dimensioni spaziali contemporanee; un codice espressivo che diviene contenitore e contenuto, che sia sensibile e comprensibile alla continua osmosi tra l’individuo e la collettività e il suo ambiente, con uno sguardo attento e consapevole verso il passato ed un altro vivace e sollecito, sempre attivo nei confronti del hic et nunc. La Prima Edizione della Mostra collettiva dal titolo Adriatica, la Via dell’Arte vuole essere un punto di partenza che unisca, attraverso la Via Adriatica, il nord e il sud dell’Europa per arrivare a coinvolgere già dalla prossima edizione gli Artisti di entrambe le sponde, in collaborazione con gli Istituti Culturali e le Accademie dei rispettivi Paesi marcandone le radici comuni: la Via Adriatica dell’Arte crocevia di cultura e conoscenza. Macerata, per la sua posizione centrale, è il luogo ideale per ospitare l’incontro tra gli Artisti che, come moderni Argonauti dell’Anima, operano lungo e per la Via Adriatica. Argonauti, guerrieri accomunati in lotta per la Pace, di diversa provenienza geografica e culturale, a mostrare la potenzialità dell’uomo di realizzare, tramite l’Arte, un linguaggio globale, simbolo di quell’intimo accordo che nasce da una comune intenzionalità ed esplosione creativa con lo scopo di estendere l’incontro tra il luogo ospite, la sua Storia e l’Arte Contemporanea.

 


 

LE OPERE IN ESPOSIZIONE

 

 

 

 

 

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