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8 MARZO docufilm Donne ch’avete intelletto d’amore


COMUNICATO STAMPA8 MARZO Donne ch’avete intelletto d’amore, a cura di Francesco Ruggiero. La donna è sempre stata soggetto di attenzioni e raffigurazioni artistiche fin dalla notte dei tempi. Gli uomini affrontavano la durezza della pietra con utensili rudimentali, a volte semplici sassi ricavati dopo ore di lavorazioni e lesioni alle mani. Tutto questo per dare a quella pietra la forma della donna, per immortalarne la bellezza nella forza della natura. La donna è … scandalosa e magnifica nell’Inno a Iside e così raffigurata nella Statua sumera a Lilith. Le Civiltà babilonesi ritraggono donne in ruoli di Sacerdotesse. La Civiltà minoica ha interpretato la bellezza femminile esaltandone i volumi e le forme come nella celebre pitonessa e negli infiniti Mosaici e Statue. La Civiltà egizia ne ha ritratto l’aspetto enigmatico rivolto verso l’infinito profilo delle danzatrici di Nefertiti, con vesti in veli vettoriali dalle prospettive geometriche che celebrano raggi di luce da punti focali, sorgenti dalla figura di lei. È nella Civiltà greca che la donna riceve colore, smalto e la luce bianca dei marmi madreperlacei nelle copie create dai Romani e nell’interpretazione dei Neoclassici, come nel Canova. Nelle Statue greche la figura femminile viene scolpita in tutta la sua magnificenza sensoriale, nella sostanza geometrica cristallizzata e nella struttura rigorosa della sua figura, cantata dalle corde dei reticoli argentini dei marmi che ne hanno ricevuto l’effige. Le Statue delle Ninfe esaltano la bellezza dei giardini che a loro volta ne accentuano l’avvenenza in un circolo virtuoso. Nella Civiltà romana la donna viene ritratta in grandi pose di serietà, corrispondente alla granitica frugalità della Mater familias, le Matrone, intese ad osservare la legge, la potenza della Giurisprudenza romana. In tutto il Medioevo la figura femminile viene eclissata per il fermentare delle moralità, e infine esplode, in un’alba di luce e cromatica musicalità, la Pittura e la Scultura rinascimentale.

ché quella viva luce che sì mea dal suo lucente, che non si disuna da lui né da l’amor ch’a lor s’intrea …  così Dante celebra la Vergine e in lei l’Archetipo della femminilità che echeggia da ogni donna, e aggiunge … Donna, se’ tanto grande e tanto vali, che qual vuol grazia e a te non ricorre sua disianza vuol volar sanz’ali … tu se’ colei che l’umana natura nobilitasti sì, che ‘l suo fattore non disdegnò di farsi sua fattura … e ancora … In te misericordia, in te pietate, in te magnificenza, in te s’aduna quantunque in creatura è di bontate. La Primavera del Botticelli, la Nascita di Venere, le Madonne di Raffaello, la Leda di Leonardo … Nell’Età barocca e nel Rococò la sua forma viene ampiamente celebrata in forme tanto snelle quanto giunoniche corrispondenti all’uso acrobatico e ridondante dello stile di quell’epoca. Successivamente, nell’Età vittoriana la donna viene celebrata ancora più fulgidamente con vetrate di splendori pittorici romantici e gotici. Nell’Età moderna emergono le forti pulsioni della Natura femminile con la realtà degli Espressionisti per poi dipingerla con grande maestria in tutta la Pittura simbolista che ne fa emblema di mistero. Artista e scienziata fu una delle più grandi donne di tutto il mondo, Ipazia di Alessandria. Ha amato la Scienza e la Filosofia da precedere Galileo e Copernico in piena età alessandrina. Vergine madre di Opere artistiche dall’umana sapienza che coincide con la più elevata di tutte le indagini, quella delle idee tessute di gravità vivente onnivettoriale, che non cade, ma vola e nuota nel suo ossigeno infinitamente liquido. Fu spogliata nuda dai costantiniani e scarnita fino alle ossa con pezzi di conchiglia. Non lasciarono alle ossa neanche un lembo di tendine o di mucosa. Santa Cecilia, Artista e Martire, fu colei che la sinfonica natura della Musica, parafrasando Dante … nobilitò ‘sì che l’intellezione di tale Musa non disdegnò di farsi carne di cotanta mente … Santa Cecilia è Patrona della Musica, degli Strumentisti e dei Cantanti, Martire per la Fede e per l’Arte. Per lei nacque sul finire del diciannovesimo secolo lo storico Movimento Ceciliano che riformò la Musica Sacra. Vera Dante al femminile, nello scrivere e descrivere le sue fulgide caleidoscopìe, è Santa Hildegarda di Bingen, dichiarata Dottore della Chiesa da Papa Benedetto XVI. Le sue visioni ci portano verso l’Alto, a cui l’Eterno Femmineo assurge chiaramente nel Faust di Goethe. Maestra sapientissima in tutte le Arti femminili come la medicina di rimedi naturali, piante officinali, cucina sana vegetariana. Donna di grande livello è Artemisia Gentileschi. Artemisia non rappresenta unicamente un talento che la Storia dell’Arte annovera tra i maggiori Pittori del suo tempo, epoca in cui l’Arte era rigorosamente riservata agli uomini, ma anche il simbolo di una maggiore consapevolezza e di una presa di coscienza, nell’inganno per il quale, in una Società, una donna, per essere accettata, deve rendersi succube. È di fatto la storia della vita audace e risoluta di Artemisia Gentileschi che affronta un processo scandaloso. Dolorosissimo per le torture subite e praticate sul suo corpo. Nonostante la violenza sessuale subita e la tortura dei sibilli che fu costretta a patire, non ritrattò la sua accusa pur di vedere riconosciuti i propri diritti. Artemisia diventa il simbolo della violenza non solo fisica, ma anche psicologica e morale che le donne subiscono ancora oggi quando, anziché vittime, vengono considerate colpevoli. La Donna è la più grande di tutte le Opere d’Arte. Ha stimolato e ispirato l’Arte di ogni secolo e di ogni millennio. Cosa sarebbe l’Acropoli di Atene senza le sue Cariatidi? O l’Atene di Fidia, Platone, Socrate e Pericle, senza la sua colossale statua di Pallade Atena? O le stanze dei ricchi principi rinascimentali e postrinascimentali, senza i quadri di Tiziano, Rubens, gli affreschi di Raffaello con le sue delicate figure di donne celesti: e i quadri di ancora più imperiosa magistralità celebrativa del femminile, dei Preraffaeliti dell’età vittoriana. E ancora oggi motivi profondi risiedono nella forza con cui una figura femminile si impone all’osservatore in ogni Opera artistica. Il femminile coincide con l’Arte e porta con sé l’uomo nel mistero del Grande Creare che s’impersona in lei come generatrice e genitrice della figura più complessa esistente. Questo ci ha invitato da sempre a guardare e praticare l’Arte, e non soltanto il lato del suo potere mondano. Sono questi i paradigmi dell’azione artistica che non può limitarsi e ridursi a rimanere fine a sé stessa, bensì esprimere i valori culturali ed etici che l’hanno fatta sorgere come necessità sostanziale della Persona, affinché il Pianeta si rigeneri e si riedifichi in armonia globale.

 


 

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